- Chi è la festeggiata che compie 16 anni?!
- Allison smettila. Non voglio che tutta la scuola si chieda
perché non ho organizzato una festa.
- Daisy non è un crimine non essere ricchi come la metà di
questa scuola del cazzo ma dovremmo festeggiare! Ti fai i capelli e andiamo da
Derek e ci facciamo fare finalmente quei documenti falsi e ce la spassiamo.
Guido io.
- Allison dobbiamo studiare. Compito di chimica, ricordi?
- Prenderai lo stesso quella borsa di studio genietto anche
se per una sera usciamo a divertirci.
- E poi ci sono le prove del Musical! Sai che succede se
quella troietta di Regina si prende il mio posto?
- Sarai la più bella Satine che questa scuola abbia mai
visto. Lo sa tutto il club di teatro. Dai dai andiamo. Non accetto un no.
- Ok
- Ok!
- Mamma io esco!
- Dove vai vestita in quel modo?
- Non sono affari tuoi Joffry
- Si che sono affari miei ragazzina!
- Non sono una ragazzina. Ho sedici anni ed esco.
Lo guarda negli occhi con la saccenza di un’adolescente di
sedici anni che affronta lo sguardo di un patrigno sempre ubriaco che passa le
giornate seduto sulla poltrona a guardare la televisione. Sbatte la porta della
roulotte fiera del proprio abito corto, dei propri boccoli, dei tacchi alti e
del trucco forse un po’ troppo pesante per sembrare grande tanto quanto “
Josephine Wesley “
§§§
- Si può sapere che diavolo di nome è Josephine?
- E’ francese! Il nome della prima moglie di Napoleone. In
punto di morte è stata la sua ultima parola… Romantico no?
- Sei un caso disperato Daisy.
- Non sono io quella che si è fatta prendere dal panico
quando ci ha chiesto di mostrargli i documenti.
- Va bene va bene non ti vantare … Casa mia e guardiamo un
film?
- Scelgo io.
§§§
Addormentarsi a casa di Allison con i suoi capelli quasi in bocca per la posizione stramba che hanno preso sul divano non è stato il modo migliore di festeggiare il compleanno. O forse si. Pensa che lo deciderà quando ne festeggerà trenta e ripenserà a quando era giovane. A trentanni sarò ancora giovane e bella!
Addormentarsi a casa di Allison con i suoi capelli quasi in bocca per la posizione stramba che hanno preso sul divano non è stato il modo migliore di festeggiare il compleanno. O forse si. Pensa che lo deciderà quando ne festeggerà trenta e ripenserà a quando era giovane. A trentanni sarò ancora giovane e bella!
Si toglie le scarpe per non fare rumore mentre rientra a
casa. Si affaccia, sbirciando sua madre dormire nel lettone. E’ solo un attimo
ma Daisy Diderot vorrebbe non avere sedici anni e potersi mettere a dormire
accanto a lei. Come quando c’era papà.
- Non dare fastidio a tua madre ragazzina!
- Non le do fastidio.
Lo guarda, ubriaco con la bottiglia di birra in mano mentre si alza e lo vede, d’un tratto, la scintilla poco lucida che gli anima gli occhi sembra cambiare. Cambia quando le risale dai piedi nudi fino alle gambe scoperte e poi le sale su a spiare il collo e poi la sua bocca carnosa, una rosa in boccio.
- E’ vero … oggi è il tuo compleanno. Sedici anni. Sei cresciuta ragazzina.
Sente il suo alito alcolico contro, troppo vicino. Gira la faccia per sfuggire ad una carezza che vorrebbe sfiorarle il labbro inferiore.
- Non lo diremo alla mamma. Non ti preoccupare.
E quando prova a toccarle di nuovo lo spinge via da sé, con tanta forza che il patrigno intruppa e la bottiglia di birra cade a terra.
E quando prova a toccarle di nuovo lo spinge via da sé, con tanta forza che il patrigno intruppa e la bottiglia di birra cade a terra.
- Maledetta ragazzina!
Vede il pugno alzarsi esattamente come tante altre volte lo
ha visto abbattersi contro la faccia di sua madre. Si rannicchia su sé stessa e
stringe gli occhi ma non sente niente. Il dolore non arriva. E qualcuno urla ma
non è lei. Un bagliore lancia arcobaleni per tutta la stanza. E’ lei, il suo
corpo di diamante che riflette la lucetta. Si guarda le mani con la faccia
sconvolta tanto quanto quella dell’uomo che la guarda. Corre nel bagnetto allo
specchio. Si fissa, sfiorandosi piano i lineamenti del volto e quelle mille
sfaccettature diverse.
- Cosa sono…
§§§
- Stai bene? Non è che quel bastardo ti ha fatto storie che
ieri sei tornata tardi?
- Si sto bene.
- Sembri distratta…
- No, sto bene.
- Vengo da te a studiare chimica?
- No Allison meglio… Ti do i miei appunti ma ci vediamo
domani.
§§§
Se ne sta rannicchiata sul letto, le gambe incrociate a
studiare dal librone di chimica anche se non ne ha bisogno. Cuffiette nelle
orecchie per non sentire niente. Il patrigno non l’ha più nemmeno guardata. E’
certa che a sua madre non abbia detto niente. Infondo che dovrebbe dirgli?
Volevo approfittare di tua figlia ma lei si è trasformata in non so che cosa e
mi sono fatto male da solo? Che coglione.
La Mamma che beve. Lui che beve. Loro
che scopano troppo rumorosamente. Loro che litigano ancora più forte. Il rumore
di qualcosa che si rompe. La mamma che piange. Sempre lo stesso. Ogni
settimana, ogni mese, ogni anno da tanti anni.
Sposta lo sguardo dal libro di chimica. Poi alla maschera di
scena di Satine del teatro. Alle proprie mani tornate normali dopo essere state
di diamante. E quella canzone che continua nelle orecchie… he had it coming, he
had it comimg, he took a power in his stride and then he used and he abused it,
it was a murder but not a crime.
§§§
You know, some guys just can't hold there arsenic
Ha seguito il patrigno fino al bar. Sempre il solito come
qualsiasi alcolizzato che si rispetti. Ha su una parrucca di scena. Il cuore le
batte in petto come un tamburo mentre prega di aver usato le dosi giuste per
quel composto sintetico creato durante l’ora di buco nel laboratorio del liceo.
Sa già quanto regge la vescica dell’uomo: 3 birre e mezzo prima di dover andare
in bagno. Passa la labbra sulla bocca arida. Filtra con il barman mentre gli
mostra il documento falso per non essere cacciata via e appena può fa cadere
dalla provetta il liquido trasparente ed insapore nella birra scura.
Esce fuori, nel vicolo buio. Aspetta. Aspetta. Non sente
nessuno urlare per cui va bene. Può andare bene.
Lo segue ancora con il terrore di essere riconosciuta fino a
quando non lo vede accasciarsi a terra e solo in quel momento lo raggiunge.
- A-aiutami. Sto male.
- Ben ti sta. Finalmente ti torna indietro tutto quello che
hai fatto. Sputi tutto il sangue che hai fatto versare.
Alla mamma.
Quello la guarda stralunato, vomita sangue e alcol.
- Che mi succede?
- Si chiama Karma.
Dice mentre prende coraggio. Gli prende i capelli lunghi e luridi con la mano destra, li tira, si fa guardare dritta contro la maschera bianca che lascia scoperta solo le labbra colorate di rosso.
Dice mentre prende coraggio. Gli prende i capelli lunghi e luridi con la mano destra, li tira, si fa guardare dritta contro la maschera bianca che lascia scoperta solo le labbra colorate di rosso.
- Oppure possiamo chiamarlo arsenico. No... Scherzo. Non
ti ucciderà ma continuerai a vomitare sangue, ti sembrerà che tutti i tuoi
organi vitali stiano bruciando ma sopravviverai.
- Cosa vuoi?
- Hai finito di picchiare le donne, di fargli violenza. Sei
solo un verme. Voglio che stai lontano dalla famiglia Diderot. Non farti più vedere.
Prova solo a tornare in quella casa. Prova ad alzare le tue mani schifose
contro qualcun altro e la prossima volta ti ucciderò e se credi che lo farò più
velocemente di quanto possa fare un qualsiasi veleno, ti sbagli. E non provare
a chiamare aiuto: perché ho le prove di tutta la merda che hai commesso in
questi anni e ti sbatteranno in galera e i tuoi compagni non saranno più
clementi di me.
Lo lascia lì dandogli le spalle. E non corre perché è più
figo non correre e perché le tremano le gambe di paura. Gli occhi le si
riempiono di lacrime. Alla fine quando è sicura di non essere vista inizia a
farlo, a perdifiato e appena arriva a casa i muscoli le bruciano. Sudata. Il trucco sciolto.
Si spoglia. Butta la parrucca. Si getta nella doccia per togliersi via tutto
quella schifezza di dosso, tutti gli strascichi di quella notte. Della prima notte in cui ha vestito i panni di Satine.
Sbircia la mamma dormire. La copre con il piumone e, alla fine, sgattaiola sotto le coperte con lei.
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